Questo terzo numero della newsletter porta con sé prodigiosi effetti sonori, temperature vicine allo zero e un po’ di atmosfera natalizia.
Il menu di novembre si apre con una buona dose di burro, a seguire ancora un po’ di burro, una guida semiotica ai regali natalizi, un dolce retrò e un assortimento variegato di libri e riviste appena usciti da aggiungere alla libreria o da mettere sotto l’albero, proprio o altrui.
E visto che il prossimo appuntamento sarà il 31 dicembre, vi auguro già da adesso buon Natale e naturalmente, buona lettura del menu di novembre di Butter, she wrote.
Le parole che vi traduco questo mese appartengono alla giornalista e scrittrice americana Laurie Colwin che al suo amore per il cibo ha dedicato due raccolte di articoli: Home Cooking e More Home Cooking. Proprio l’anno scorso Home Cooking è stato tradotto in italiano da Sur, anche se a volerla dire tutta, la fantastica Angela Frenda aveva già preceduto tutti inserendolo nella collana Storie di Cucina uscita con il Corriere nel 2015.
Vicende editoriali a parte, si tratta di un libro ironico e confortante e rappresenta la prova ben riuscita che si può scrivere un'autobiografia attraverso il racconto del cibo. Ma io qui vi parlo di More Home Cooking, che invece non è stato tradotto e contiene un brano che sembra fatto apposta per questo menu: si intitola Butter e parla anche degli shortbread, quei burrosissimi biscottini scozzesi che sono particolarmente adatti per questa stagione natalizia.
“Burro
Parecchi anni fa, quando ancora la gente metteva in tavola l'arrosto senza farsi troppe domande e prima che i medici stabilissero che le sigarette facevano male, mia madre preparava delle piccole polpette di burro. Prendeva dei panetti di burro molto freddi e li lavorava tra due spatole di legno piatte e rigate che aveva fatto raffreddare nel congelatore. Con questi strumenti dava al burro la forma di piccole sfere dalla superficie striata.
Dopodiché, faceva un piccolo foro in ogni pallina di burro, ci metteva un pizzico di zucchero e una goccia di succo di limone, e poi le metteva in frigorifero. Più tardi, io e mia sorella le mangiavamo come premio e, credetemi, erano meravigliose.
Non c'è niente come il burro. Come dice Harold McGee, autore di On Food and Cooking: The Science and Lore of the Kitchen, il burro di per sé è una salsa e non ha bisogno di abbellimenti. Non riesco a pensare a niente che il burro non renda più delizioso, e non ho mai incontrato nessuno che non ami il burro, anche se molte persone hanno rinunciato a mangiarlo per motivi di salute.
Purtroppo non esiste alcun sostituto del burro degno di questo nome. Padre Robert Farrar Capon, nel suo nobile libro La cena dell'Agnello, suggerisce che se si intende astenersi dal burro, non si dovrebbe accettare di abbassarsi a consumare alcuna imitazione. Secondo lui le persone dovrebbero usare olio d'oliva di buona qualità e, di tanto in tanto, concedersi una piccola quantità di vero burro. Lo ritengo un consiglio estremamente sensato.
Come sappiamo, esistono due tipi di burro: salato e dolce. Quello salato è un ricordo dei tempi precedenti alla tecnologia della refrigerazione, quando si salava il burro per evitare che andasse a male, e ormai è un gusto al quale il palato americano si è abituato. Personalmente preferisco quello dolce e anche ai tempi in cui ero dipendente dal sale spalmavo il mio pane con burro dolce e poi lo cospargevo di sale. A coloro che mi chiedevano perché non usavo direttamente il burro salato, rispondevo che il burro dolce con un po’ di sale sopra ha un sapore completamente diverso.
Pane di semola, burro dolce e un po' di sale marino sono una combinazione per la quale camminerei volentieri sui carboni ardenti. Esiste anche il burro “montato”, tuttavia si tratta di una sostanza che non mi ha mai convinto, fatta per gente a cui piace avere una gran quantità d’aria nel suo cibo.
Dicono che il burro montato si spalmi meglio, ma io appartengo alla scuola del tenere il burro fuori dal frigo, tranne nelle giornate estive naturalmente. Odio metterlo in frigo dove spesso diventa, come diceva mia madre, “una scatoletta di ghiaccio”. Se invece viene lasciato fuori dal frigo rimane bello spalmabile; inoltre, sono convinta che il sapore delle cose a temperatura ambiente sia il loro vero sapore.
Fortunatamente per la nostra salute, esistono dei modi per vivere senza burro. Iniziate a mettere sul vostro comodino qualche libro di cucina mediterranea o cinese, due delle tante cucine che non usano il burro. Assicuratevi che il pane che comprate sia sensazionale: il pane veramente buono non ha bisogno di nulla, cosa che lascia scioccati quelli che pensano che una fetta di pane serva solo da supporto per una generosa quantità di burro.
Se non vivete vicino a un’ottima panetteria, trovatene una da cui ordinare per corrispondenza oppure iniziate a impastare. Potete acquistare o preparare della marmellata davvero squisita e del burro di arachidi biologico di prima qualità. Potreste anche concedervi una bottiglia di olio extravergine di oliva verde e fruttato.
Potete far rosolare i fagiolini in olio di sesamo scuro, usare quel delizioso olio d'oliva sui vostri broccoli e trarre conforto dal fatto che non dovete per forza immergere le foglie di carciofo nel burro fuso ma potete mangiarle anche al naturale. Inoltre, imparerete che l’aragosta con il burro fuso è in declino, è sempre istruttivo farne a meno. Una semplice patata dolce al forno vi mostrerà quanto siano meravigliose queste cose da sole. Una verdura disadorna, una verdura veramente fresca, ben cotta al vapore, è semplicemente perfetta così com’è.
Dopo che sarete state delle brave persone per molto tempo e sarete diventati magri come un chiodo, potreste decidere di cadere brevemente nel peccato. Avrete bisogno di qualcosa di semplice ed elegante che non possa essere preparato senza burro. C'è un solo cibo perfetto per questo scopo: gli shortbread.
Preferirei mangiare shortbread piuttosto che qualsiasi altra torta o biscotto al mondo. Volterei le spalle senza alcun ripensamento a un tartufo al cioccolato o a una banana split per uno shortbread croccante e fondente. Questi biscotti sono l'essenza stessa del burro. Potete imbellettare gli shortbread accompagnandoli con gelato alla vaniglia e marmellata di lamponi oppure arricchirli con noci tostate e zenzero ma anche nella loro versione più classica e semplice sono di per sé una meraviglia. Anche un bambino riesce a prepararli e molto spesso sono proprio gli shortbread la prima cosa che i bambini imparano a cucinare.
Ecco qua. Un dolce genuino, senza colpe, a prova di idiota, amatissimo da adulti e bambini (spesso piace anche gli animali). E una volta all'anno, come ricompensa speciale, non esiste uso migliore per mezzo di chilo di burro.”
Entriamo definitivamente in atmosfera natalizia con il lievitato di novembre: per questo mese non vi parlerò di un croissant ma di un dolce altrettanto burroso, la Nuvola della Pasticceria Ghigo di Torino.
Tecnicamente sarebbe un pandoro, ma questo nome gli va un po’ stretto visto che i bravi torinesi hanno pensato di ricoprire completamente questo soffice e già burroso lievitato con una crema al burro e spolverarlo poi di zucchero a velo.
In queste settimane sui giornali e online c’è una gran folla di persone che si prodiga per consigliarci oggetti e cibi da impacchettare per i nostri amici e le persone che amiamo. Ci sarà sicuramente chi detesta tutto questo bailamme, consumismo e isteria natalizia. Io stessa non sono una gran patita del Natale (eccezion fatta per il cibo che si mangia a Natale), tuttavia questo mese mi sono presa la libertà di occupare lo spazio di “I’ll have what she’s having” per declinarlo in chiave natalizia.
Perciò, eccoci arrivati alla mia mini guida semiotica ai regali di Natale, navigabile seguendo una ben precisa logica: quella delle quattro personalità che in questo post avevo individuato per tracciare il quadrato semiotico dei mangiatori di croissant.
Pigri, Gourmet, Atleti e Bohémien chic: un oggetto, un libro e qualcosa da mangiare per ognuno di loro.
Pigri
Che si accontentano del bar sotto casa o si scaldano la nastrina nel microonde.
Un libriccino a scelta tra quelli della collana 10 façons de préparer, tradotti in Italia da Guido Tommasi Editore e dedicati agli ingredienti più disparati: burro, basilico, porro, yuzu, papaya, salvia, lenticchie, chutney, zafferano, sakè, cioccolato bianco, camembert, risotto, miele… Potete scegliere tra più di 300 ingredienti.
La candela commestibile home made al burro, per un aperitivo alternativo in pigiama che un vero pigro non potrà che apprezzare.
Gourmet
Che osannano le pasticcerie artigianali e i croissant sfogliati e burrosi.
Il volume su Parigi della collana Piccolo atlante edonista de L’ippocampo.
Il panettone albicocca e cioccolato fondente o la torta di rose di Infermentum.
Atleti e salutisti
Quelle creature mitologiche costantemente a dieta che hanno la forza morale di scegliere l'integrale ai frutti di bosco e semi di lino in mezzo a bignè e bomboloni.
La collezione di Floral o Herbal Teas di Piccolo Seeds.
Cioccolato di qualità in vari formati come la box degustazione di Encuentro con 9 mini tavolette, il calendario dell’avvento di Guido Gobino, o un assortimento di tavolette di cioccolato di Guido Castagna.
Bohémien chic
Che ricercano il locale instagrammabile dove gustare le ultimissime novità in fatto di brioche.
La lampada a forma di pane o croissant oppure l’orologio surrealista di naan, tutti realizzati con veri impasti lievitati.
Un grande classico come Estasi culinarie di Muriel Barbery oppure l’ultimo numero di Eaten dedicato ai dessert.
I kit creati da Tutte le spezie del mondo come quelli “Dell’alchimista” con una selezione di botaniche Classic o Breeze; oppure i cofanetti dedicati all’oriente con libri e spezie che si abbinano alle cucine di quei luoghi.
Ed ora, prendiamoci una brevissima pausa dal Natale (ma non dal cibo) per parlare di un dolce antico al sapore di nocciole, cioccolato e zabajone.
Quando ho iniziato a pensare a quale cibo tirare fuori dalla scatola dei ricordi per il Ripieno del mese di novembre la scelta è stata immediata: la Torta Duchessa, ovvero quello che per me è l’unico e inimitabile Dolce dei compleanni.
Sto parlando di tre ricchi strati di pasta frolla alle nocciole intervallati da zabajone e cioccolato. Al di sopra di tutto questo stratificato bendidio ci sono una spolverata di zucchero a velo, dei ciuffetti di cioccolato e qualche ciliegina candita. La Duchessa è un dolce elegante e un po’ retrò che racconta la storia di uno dei più importanti pasticcieri di Parma, Ugo Falavigna, e della sua Pasticceria Torino. Ma racconta anche un pezzetto della mia storia così come, ne sono certa, quella di tanti parmigiani seduti a brindare intorno a una tavola per le più svariate occasioni.
A parte la classica torta soffice al cacao che più o meno tutti portavamo a scuola per festeggiare insieme ai compagni di classe, in tutti i miei compleanni la Torta Duchessa c’è sempre stata e nel mese di novembre ha sorretto anno dopo anno le candeline che ho spento esprimendo un desiderio (che sarà anche un’usanza ingenua ma non si può mai dire, si sa mai che funzioni davvero).
Quando penso alla Duchessa sono felice di essere nata in autunno inoltrato perché in qualsiasi altro momento dell’anno questo dolce corposo e zuccherino sarebbe davvero troppo. Ma tra le nebbie e il freddo è proprio il dessert giusto. Una vera festa.
Vi riporto qui la ricetta storica, così come ce l’ha lasciata Ugo Falavigna, nel caso non passaste da Parma e vogliate cimentarvi nel preparare questo tripudio di dolcezza:
Ingredienti per 8-10 persone
Per la pasta:
100 g di nocciole, 100 g di zucchero, 80 g di burro, 100 g di farina
Le nocciole vanno tostate leggermente in forno e pulite dalla pellicola che le ricopre, poi polverizzate nel mixer.
Per lo zabajone:
Un quartino di marsala secco, 25 g di rhum, 125 g di zucchero, 8 tuorli
Unite le uova allo zucchero, il marsala e il rhum; mettete sul fuoco e, mescolando con la frusta, portate a ebollizione per qualche secondo in modo che sia sostenuto e non spumoso.
Per la cioccolata:
125 g di panna e 150 g di cioccolato fondente
Portate a ebollizione la panna, ritirate dal fuoco e introducetevi la cioccolata spezzettata. Mescolate bene affinché le due componenti siano ben amalgamate. Mettete in frigorifero per una notte. Quando la userete stemperatela con un cucchiaio e un poco per volta montatela nel montapanna.
La pasta, lo zabajone e il cioccolato vanno preparati il giorno prima di fare la torta. Tirate la pasta all’altezza di 6-8 millimetri, ritagliate tre dischi da 30 cm e fate cuocere a forno moderato. Raffreddati che siano, cominciate a farcire il primo disco con la cioccolata, sul secondo mettete lo zabajone e poi chiudete tutto il fianco con la cioccolata. Spolverate il dolce con lo zucchero a velo, fate in circolo degli spuntoni di cioccolata ponendovi sopra delle ciliegine rosse candite.
Eccoci arrivati alle letture del mese:
A ottobre vi avevo parlato di alcuni numeri de L’Integrale, il libro-rivista di cultura gastronomica che attraverso la prospettiva del cibo parla di storia, tradizioni, cultura e vissuti personali. Avevo riletto il primo numero e quello dedicato al Fuoco e a novembre sono andata avanti con il settimo, l’ultimo uscito, che è stato il protagonista dell’incontro del mese del Book Club di Una certa idea di cibo. Questa volta il tema era la metamorfosi: “rovesciamenti, somme di piccoli cambiamenti, trasformazioni violente o delicate intorno alle cose della tavola”. Giornalismo e letteratura si fondono per parlare di argomenti attuali e talvolta spinosi come le ridicole contraddizioni del cibo servito alle conferenze Onu sul clima, la moderna ossessione di mollare tutto e cambiare vita, le adulterazioni del vino e l’arte di scrivere ricette. Che dire, non sbagliano un colpo e io continuo a consigliarvi di leggerli.
Questo mese la newsletter in abbonamento di Una certa idea di cibo è dedicata a Bee Wilson, una scrittrice e storica della gastronomia che ci ha regalato alcuni dei saggi più accurati e interessanti sulla storia dell’alimentazione e sull’evoluzione della cultura gastronomica. Per l’occasione ho riletto il suo libro In punta di forchetta (l’unico tradotto in italiano con un titolo che purtroppo non regge il confronto con l’originale: Consider the fork) e First Bite. Due approcci diversi al racconto del cibo e della gastronomia: il primo storico e il secondo psicologico.
Ma come sappiamo, questa è una stagione di fuoco per le nuove uscite in libreria, perciò senza altri indugi eccovi una lista di libri e riviste freschi di stampa.
Solito disclaimer: i libri che troverete qui sono ancora nella mia wishlist e li menziono nella più spudorata buonafede.
L’8 novembre è uscito il nuovo volume di The Passenger dedicato a Venezia. (sempre parlando di Venezia, è uscito anche il Il piccolo atlante edonista de L’ippocampo dedicato alla città).
Dal 15 novembre è in libreria A Natale tutti insieme, l’ottavo numero della collana Cose spiegate bene de Il Post che “ci fa arrivare preparati, con argomenti di cui parlare o con un regalo da regalare” alle festività natalizie.
Da qualche giorno è uscita anche la nuova antologia di “gialli culinari” di Sellerio La cucina in giallo.
Cambiamo genere con un saggio sul piacere della lettura: Close reading di David Greenham.
E infine, non proprio freschissimo di stampa ma comunque fresco e sicuramente in tempo per le vacanze di Natale, è uscito il terzo Quaderno dei compiti delle vacanze per adulti di Blackie.
Grazie per aver letto fin qui, spero che la newsletter vi sia piaciuta. Il prossimo appuntamento è il 31 dicembre con il nuovo menu del mese, che Jessica sia con noi!
Fantastica! Colonna sonora da Oscar 👏🏼👏🏼👏🏼